Le interviste di Micky – Giuseppe Cau: un Fantino in Vespa
Nuovo appuntamento con le interviste di Micky! Dopo Ancillotti, Gori & Masserini, oggi è il turno di uno storico personaggio delle corse in scooter, un pilota ufficiale scelto personalmente da Enrico Piaggio: Giuseppe Cau, soprannominato “Il Fantino”. Scopriamone di più lasciando spazio a Micky ed al sig. Cau.
Non capita tutti i giorni di incontrare persone che, della propria passione, hanno fatto un mestiere. Giuseppe Cau è stato, sicuramente, uno dei fortunati che ci sono riusciti… come si suol dire, era nel luogo giusto, al momento giusto.
Ed Enrico Piaggio lo prese sotto la sua ala.
Micky: Da dove è nata la sua voglia di correre in Vespa?
Giuseppe Cau: Era il 1947 ed avevo appena 19 anni. Mi dissero che avevo il fisico adatto per correre in Vespa: altezza 1.60 per 42 chili, tanto che Enrico Piaggio in persona iniziò a chiamarmi “il fantino”.
M: Perché aveva scelto di correre proprio con la Vespa?
GC: Lavoravo presso l’officina meccanica di Luciano Moroni, a Roma, dove mi occupavo di trasformare le moto inglesi, recuperate dalla Seconda Guerra Mondiale, in veicoli civili. In pratica, riparavo testate e scocche dalla mattina alla sera, ma la mia vera passione era la velocità, i mezzi che mettevo a posto erano troppo fiacchi per i miei gusti.
M: Che tipo ci gare erano quelle a cui ha partecipato in gioventù?
GC: Le primissime competizioni alle quali ho partecipato erano le gare in salita in zona Roma. Tra le più importanti, ricordo la “Rocca di Papa”, la “Monte Mario”, “la salita della Merluzza” e la “Caracalla”.
M: Quanto era difficile correre su una Vespa di quel periodo (1947)?
GC: Proprio la mia fisicità (160 cm per 42 kg ndr) mi consentiva di sentirmi perfettamente a mio agio sullo scooter di Pontedera, rispetto ad altri piloti che, invece, non si sentivano altrettanto sicuri sullo stesso mezzo.
M: Quando è iniziata la sua collaborazione con Piaggio?
GC: Ad ogni nuova vittoria, la mia notorietà aumentava sempre più, fin quando giunse alle orecchie di Enrico Piaggio… pare che, infatti, avesse detto al suo braccio destro Di Gennaro testuali parole: “Questo ragazzetto dobbiamo farlo venire a Pontedera e affidargli lo sviluppo Vespa”. Era il 1948.
M: Come era organizzata la Squadra Corse Piaggio?
GC: Era un settore dell’azienda che si occupava principalmente di sviluppo e test, con prove su strada, dei mezzi Vespa, per poi applicare le conoscenze acquisite direttamente alle gare e poi ai mezzi in commercio.
M: E lei, in particolare, che ruolo ricopriva all’interno di questo segmento?
GC: Io, in primis, ero il pilota sperimentatore, cioè l’addetto all’esecuzione dei test. Dalla mattina alla sera in sella allo scooter a macinare chilometri su chilometri, soprattutto in zone montuose, come quella dell’Appennino toscano. In occasione delle gare, invece, ero il pilota ufficiale Piaggio.
M: In quegli anni, a quali gare avete preso parte?
GC: Anzitutto, a gare di regolarità con la Vespa Sport, ma anche gare in salita o nei circuiti…diciamo di tutto un po’! Piaggio nel 1951 decise di abbandonare le competizioni chiudendo in bellezza con la vittoria della squadra, in quell’anno, alla “Sei giorni internazionale di Varese”.
M: Celebre in quegli anni era il testa a testa tra Vespa e Lambretta per aggiudicarsi il record di velocità massima nella categoria scooter. Ci racconti qualcosa al riguardo.
GC: Il reparto Corse Piaggio mise a punto due Vespe, che perfezionò di prova in prova. Una era per me e l’altra per il mio collega Mazzoncini. Erano due mezzi differenti e appositamente creati sulla base delle singole caratteristiche di noi piloti. Alla fine, per tentare il record, venne scelta la Vespa di Mazzoncini, poiché, per via del mio peso e dell’elevata potenza del motore, era impossibile per me gestire il mezzo adeguatamente.
M: Entriamo nello specifico dei mezzi utilizzati per il tentativo di record :
GC: Erano scooter completamente fatti su misura per infrangere il record di velocità massima , la sezione sviluppo e ricerca impiegò sia i migliori ingegneri aeronautici per la parte di aerodinamica che i migliori tecnici in ambito motoristico. Vennero fatti diversi provini, su i quali vennero studiati prima di tutto la potenza del motore e meno la posizione del pilota, arrivammo ad avere un mezzo molto potente ma con un aerodinamica scarsa ed intanto la concorrenza avanzava più rapidamente di noi. Lavorammo molto sull’impostazione di guida del pilota (praticamente sdraiato e arretrato) ma la grossa potenza, almeno a me, non consentiva di guidare al meglio. Il reparto ricerca e sviluppo alla fine riuscì a trovare la quadratura del cerchio ma ormai il record era della casa di Lambrate.
M: Come mai non avete più continuato con i record?
GC: Il Dott. Piaggio non ritenne giusto tenere fermo un intero reparto per un tentativo di record che ormai andava avanti da troppo tempo, quando poi avere un record di velocità in quegli anni non interessava al possibile compratore Vespa.
M: Dopo la parentesi Squadra Corse, a cosa si è dedicato?
GC: Sono rimasto a lavorare in Piaggio fino alla pensione, dedicandomi all’aspetto più prettamente tecnico e meccanico della Vespa da turismo, per migliorarne sicurezza e prestazioni. Entrai anche a far parte della Squadra Acrobatica Vespa, girando l’Europa in lungo e in largo.
M: Può dirsi soddisfatto della sua esperienza in Piaggio?
GC: Moltissimo, non avrei potuto sperare di meglio. Del resto, è il sogno di chiunque riuscire a fare della propria più grande passione un lavoro a tutti gli effetti!
M: Cosa ne pensa del mondo Vespa oggi?
GC: Sicuramente, per quanto riguarda gare e raduni, la situazione è molto cambiata rispetto a quando andavo in Vespa io. Per me, oltre che un privilegio ed un divertimento, era prima di tutto un lavoro e come tale lo dovevo vedere. Io partecipavo a raduni dove si partiva la mattina prestissimo per poi tornare a notte fonda arrivando a macinare chilometri e chilometri in sella su strade dell’epoca. Adesso i raduni in calendario sono più folti e con meno chilometri. Sono davvero felice che ancora oggi ci siano così tanti appassionati di questo scooter… lo dimostra anche il fatto che, nonostante la mia età oramai avanzata, la gente continui ad interessarsi alla mia carriera sportiva e a chiedermi di raccontare qualche aneddoto curioso!
Grazie al signor Giuseppe Cau per il tempo dedicatoci!
Alla Prossima Intervista di Micky!
Michele Landi – Lambretta Garage Italia
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